• Libri: Diritto e Armi, intervista ad Andrea Massarenti

Libri: Diritto e Armi - intervista ad Andrea Massarenti

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Libri: Diritto e Armi - intervista ad Andrea Massarenti

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Diritto e Armi’ è un nuovo libro (Amazon) dedicato alla disciplina giuridica sulle licenze in materia di armi in Italia, scritto da Andrea Massarenti, giovane laureato all'Università di Padova, allo scopo di offrire alcuni spunti utili alla modernizzazione della normativa nel nostro paese

Libri: Diritto e Armi - intervista ad Andrea Massarenti

Andrea Massarenti, cuneese di 27 anni, da sempre appassionato di armi e tiratore dall’età di 14 anni, si è laureato in giurisprudenza nel 2018 presso l’Università degli Studi di Padova con una tesi dal titolo emblematico: “Licenze e porto d’armi: analisi critica per una revisione unitaria della materia”.

Lavoro unico nel suo genere in Italia, la tesi di Andrea Massarenti ha vinto l’edizione 2019 del concorso per premi di laurea intitolato alla memoria del Dott. Vito Genco, assegnato da ANPAM e IEG S.p.a., nella categoria giurisprudenza. È proprio da tale tesi che si sviluppa il libro Diritto e armi, oggi disponibile su Amazon.

All'autore abbiamo rivolto alcune domande sul suo libro, un testo critico sul framework legale che attualmente regolamenta il rilascio delle licenze d’armi in Italia, e che offre spunti per una revisione che – salvaguardando gli aspetti positivi dell'attuale normativa – possa portare ad una semplificazione della materia, senza che ciò comporti criticità per la Pubblica Sicurezza.

DA COSA NASCE QUESTO LIBRO?

È stata la mia passione a spingermi ad improntare la mia tesi di laurea su questo tema, e dopo la premiazione, il mio scopo era essenzialmente quella di non lasciar cadere nel dimenticatoio i frutti del mio lavoro.

Quello sulla tesi, e sul libro che ne è derivato, è stato un impegno molto soddisfacente, a cui tengo particolarmente sia per lo sforzo profuso che per le motivazioni personali che mi hanno spinto ad affrontare un argomento così specifico e decisamente insolito nel panorama tesistico italiano.

Che io sappia, questa è finora la prima e l’unica tesi di laurea ad analizzare la normativa che regolamenta le licenze d’armi nel nostro Paese, le radici storiche dell’attuale normativa, e le sue criticità, per poi proporre una revisione della materia.
 

CON QUALE APPROCCIO HA LAVORATO ALLA TESI, E POI AL LIBRO?

Storico e critico. Ovviamente i miei excursus storici sull’analisi della materia arrivano addirittura all’antica Roma, ma non è un segreto che molte delle criticità dell’attuale regolamentazione delle licenze di porto d’armi nel nostro Paese derivano dal fatto che al cuore della normativa c’è ancora il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1931, redatto in un periodo in cui l’Italia era retta da una dittatura.

La democrazia liberale postbellica ha “ereditato” tale normativa, e l’ha usata – anche per comodità – come base per costruirvi la sua, allettata anche dalla possibilità di controllo che tale legge consentiva e che sarebbe stato altrimenti difficile giustificare in un’ottica democratica.

Analizzando opposti modelli giuridici a cui ispirarsi, dagli estremi di USA e Regno Unito ai più vicini esempi di Svizzera e Repubblica Ceca, propongo dunque il mio progetto di riforma della normativa.
 

IL LIBRO PROPONE RESTRIZIONI O LIBERALIZZAZIONI?

Il termine esatto è "razionalizzazione". Oggi il corpus giuridico italiano in fatto di armi non solo è eccessivamente restrittivo rispetto a quelle che sono le reali necessità di Pubblica Sicurezza di questo Paese, ma è anche estremamente complicato.

È molto difficile per il cittadino evitare le varie "trappole" poste da una normativa tanto convoluta; e per lo Stato è difficile e costoso applicarla.

Pur rispettando le varie normative internazionali a cui dobbiamo adeguarci, e salvaguardando quanto di buono vi è attualmente nella legislazione italiana, io propongo una riforma che renda più snello e lineare l’istituto delle licenze d’armi, oltre a rendere il loro rilascio più fluido e facile da gestire per la Pubblica Amministrazione.
 

PUÒ SPIEGARE PIÙ IN DETTAGLIO?

Dal 1931 in poi le norme in materia di armi hanno subito tante e tali modificazioni, integrazioni e aggiunte che la loro pratica attuazione, anche da parte delle Forze dell’Ordine, è diventata difficilissima da gestire. Con la conseguenza che non c’è più un nesso logico ed efficace fra leggi sulle armi, controlli preventivi da parte dello Stato e tutela della sicurezza dei cittadini: come i fatti di cronaca – italiana e internazionale – periodicamente ci dimostrano.

La mia proposta è di eliminare del tutto il sistema attuale e sostituirlo con un sistema che potremmo definire "modulare", basato su una licenza-base che sarebbe essenzialmente l’equivalente dell’attuale porto d’armi ad uso sportivo, sottoposto ai medesimi requisiti e rilasciato dopo aver superato un autentico corso che istruisca al maneggio e all’uso delle armi da fuoco in maniera molto più completa di quanto non facciano oggi i corsi per il rilascio dell’abilitazione presso le sezioni del Tiro a Segno Nazionale.

Tali corsi dovrebbero essere basati su dei canoni precisi, fissati dalla legge, gestiti da istruttori certificati di provata esperienza e attivi all’interno di campi di tiro o strutture riconosciute da specifiche disposizioni di legge, ma non più solo appannaggio dell’UITS e delle sezioni del Tiro a Segno Nazionale – che oggi hanno il monopolio del rilascio delle abilitazioni al maneggio e all’uso delle armi in virtù di una normativa vecchia di oltre cento anni.
 

E PER QUANTO RIGUARDA LE ALTRE LICENZE?

Definisco la licenza-base come "modulare" perché proprio su di essa andrebbero ad innestarsi ulteriori permessi – essenzialmente delle "espansioni" o "abilitazioni" aggiuntive, a guisa di come già oggi si fa con la patente – ottenibili dopo aver frequentato corsi appositi, ancora una volta basati su dei canoni precisi a seconda di quanto richiesto dalla specifica materia per il permesso in questione. Nessuno di questi permessi sarebbe "sovraordinato" o mutualmente esclusivo rispetto agli altri: si potrebbero avere tutti contemporaneamente.

Per la precisione, questi sarebbero il permesso di caccia – equivalente all'attuale porto d'armi ad uso caccia e all'abilitazione all'esercizio venatorio, tutto in uno – e due tipologie di permesso di porto d’armi per difesa, ovvero di primo e secondo livello.

Quello di "primo livello", abilitante al porto occulto, sarebbe quello dedicato ai normali cittadini; quello di "secondo livello", abilitante al porto sia occulto che manifesto di armi lunghe e corte, sarebbe dedicato a chi ha necessità di girare armato per motivi professionali: Guardie Particolari Giurate, Bodyguard, investigatori privati e altri operatori della sicurezza privata, superando in questo modo anche la formulazione attuale del TULPS che cita solo le GPG.

È importante notare che nella mia idea di riforma, solo per quest’ultima tipologia si manterrebbe la necessità di dimostrare l’effettivo bisogno – dato da necessità professionali – mentre per il porto d’armi di primo livello la discrezionalità prefettizia si abolirebbe e, come in Repubblica Ceca, qualsiasi cittadino che non si trovi nelle condizioni ostative di legge e che frequenti l’apposito corso potrebbe ottenere l’autorizzazione a girare armato per tutelare la propria incolumità.

L’abolizione della discrezionalità prefettizia e l’istituzione di corsi appositi per l’ottenimento della licenza di porto d’armi per difesa personale – simili a quelli che si devono seguire per ottenere tale permesso in molti Stati USA – consentirebbero anche di superare i privilegi di cui all’articolo 73, primo comma del Regolamento d’attuazione del TULPS, che consente ai titolari del famigerato "tesserino rosso" (il capo della Polizia, i Prefetti, i Vice Prefetti, gli Ispettori provinciali amministrativi, gli Ufficiali di pubblica sicurezza, i Pretori e i Magistrati addetti al Pubblico Ministero o all’Ufficio d’Istruzione, n.d.a) di andare armati senza licenza.
 

COSA CI DICE DELLA COLLEZIONE DI ARMI?

La licenza di collezione come la conosciamo noi, in sostanza, verrebbe eliminata ed assorbita, in parte dalla nuova licenza di porto d’armi "base" ed in parte dalla peculiare forma della "mera detenzione" oggi esistente – e che verrebbe mantenuta sebbene modificata – ovvero quella fondata sul nulla osta.

Operando in tal maniera vi sarebbe un unico limite, e cioè un dato numero di armi – ad esempio, unendo 3 comuni e 12 sportive sarebbero 15 in tutto – superato il quale, per detenerne di più, non sussisterebbe più l’obbligo di dotarsi di un’ulteriore licenza, ma solo degli eventuali ulteriori mezzi di sicurezza, esattamente come oggi prescritto quale requisito per la licenza di collezione.

Il distinguo andrebbe dunque operato a seconda di quale sia la base sottostante, ovvero la licenza-base di porto d’armi o il semplice "nulla-osta". Per i titolari di quest’ultimo, le armi non dovrebbero essere utilizzabili; per i titolari di una licenza di porto d’armi, invece, le armi detenute oltre la quindicesima sarebbero utilizzabili proprio come tutte le altre.
 

IL SUO APPROCCIO NON PREVEDE “TIPOLOGIE” DI ARMI, GIUSTO?

Esatto. Con questo sistema, infatti, si andrebbe anche a superare uno dei più importanti anacronismi dell’attuale legislazione italiana: la differenziazione tra "armi comuni", "armi comuni ad uso venatorio" ed "armi sportive", e i relativi limiti alla detenzione.

Un’arma sarebbe comune, dunque legale, oppure da guerra, e dunque vietata. Resterebbe un parziale riconoscimento per quelle armi che hanno di per se’ una destinazione d’impiego soltanto venatoria o soltanto sportiva – come la maggior parte dei fucili a canna liscia o le pistole e le carabine da tiro accademico – ma per tutto il resto sarebbe il titolare della licenza d’armi a decidere in libertà quali tipi di armi acquistare e in quale numero.

Libri: Diritto e Armi - intervista ad Andrea Massarenti

Una trattazione dell’attuale regime normativo dell’istituto delle licenze d’armi, insomma, con una proposta per eliminare quelle che il libro stesso descrive come “disposizioni anacronistiche e ultronee rispetto alle esigenze di Pubblica Sicurezza”.

Il libro è disponibile su Amazon: una lettura che raccomandiamo anche agli esponenti politici più vicini al nostro mondo, nella speranza che vogliano prendere in seria considerazione una proposta di riforma della normativa che ci porrebbe all’avanguardia a livello internazionale e farebbe della legge italiana sulle armi un esempio di equilibrio.


NOTA DEL DIRETTORE

ANPAM e IEG S.p.a. hanno premiato il libro del giovane Andrea Massarenti, riconoscendo nella sua analisi elementi di innovazione, in campo giuridico, degni di nota. E questo è per noi motivo sufficiente per darne notizia, invitando tutti voi alla lettura del libro in oggetto.

Ma c'è un'altro motivo per cui abbiamo ritenuto utile intervistare l'autore e promuovere i concetti proposti dal suo libro.

Sebbene infatti alcune delle sue proposte siano influenzate dalla grande passione personale, seppur non ancora sufficientemente sorrette dall'esperienza (come diceva Leonardo Da Vinci), una cosa è certa: l'attuale insieme delle norme giuridiche in materia di armi in vigore in Italia necessità di una revisione totale, una "razionalizzazione" totale, come lo stesso autore ha suggerito.

I rami secchi del TULPS sono diventati troppi e il groviglio è inestricabile. Con costi amministrativi ingenti che le Forze di Polizia potrebbero invece investire in attività ben più utili ai fini della sicurezza pubblica.

Tutti gli operatori del comparto armiero sanno quanto sarebbe importante una razionalizzazione che renda le norme in materia di armi più chiare e di più semplice comprensione e gestione, quindi più concretamente efficaci rispetto alle necessità di tutela della Sicurezza Pubblica sulle quali lo Sato investe così tante risorse, ma rispetto alle quali le stesse Forze di Polizia non possono avere controllo completo, men che meno se investono gran parte del loro tempo a gestire processi burocratici che - in prima ed ultima analisi - nel 98% dei casi interessano cittadini ligi alle leggi, appassionati e sportivi, ma del tutto inefficaci nell'impedire che avvengano fatti delittuosi.

Le "vie brevi" che per pura propaganda politica i governi di alcuni paesi hanno adottato nei mesi scorsi "vietando", anziché "regolando", non garantiscono MAI la Sicurezza dei Cittadini, ed è stupido pensarlo. Nessuno Stato che si definisca democratico dovrebbe MAI procedere in tal senso.

Importanti passi sono stati fatti nel recepimento "razionale" della Direttiva Europea sulle armi, un anno fa. Pur con i tempi dovuti, speriamo che questo processo non si fermi, perché di "ragione" ne abbiamo tutti un grande bisogno, oggi più che mai, nella gestione di tutta la Cosa Pubblica.